Green Economy, Green New Deal, Ripresa, Economia Circolare, Ripartenza, Transizione Verde … tutti termini che stanno diventando quasi inflazionati: su ogni media e in ogni dove è un fiorire di esperti, più o meno autoproclamatesi tali, che indicano la rotta che, ça va sans dire, non può che essere incentrata sulla sostenibilità e l’economia circolare.
Eppure chi, come il sottoscritto e altri colleghi, si confronta (e spesso si scontra) da anni con gli operatori che operano nel mondo dell’Economia Circolare non può che sorridere, spesso amareggiato, di fronte a tanti proclami.
Il problema, nel nostro Paese, non sono le intenzioni: quelle sono lodevoli. Credo fortemente che solo attraverso una reale transizione ecologica il Paese, e più in generale l’Europa, può ripartire e crescere. Purtroppo però ci sono ancora troppe disparità di regole e procedimenti, non solo tra diversi Paesi membri della UE (che già di per sé è abbastanza incomprensibile in un mondo interconnesso come quello in cui stiamo vivendo) ma anche tra Regioni o addirittura Provincie.
Ogni giorno lo spirito imprenditoriale è frustrato dalla burocrazia che attanaglia il Paese, da leggi che si modificano, si riscrivono e si riempiono di incongruità e refusi aumentando gli oneri gestionali degli operatori e gettando incertezze sullo sviluppo di un business sereno (basti pensare all’emblematico caso delle autorizzazioni End of Waste caso per caso, ancora parzialmente irrisolto, o a circolari e delibere che aggiornano circolari e delibere), con richieste spesso anacronistiche (l’ultima di stamattina: un attestazione di atto notorio firmata in originale dal legale rappresentante – ma poi trasmessa come file – che dovrebbe attestare la conformità all’originale di un documento che esiste solo come file in quanto riporta un numero di certificazione) o che comportano aggravi di lavoro inutile.
Non è questa la sede per lanciare proposte di modifiche alle norme, anche se in alcuni casi in altri settori anche affini la strada è tracciata (si pensi alla possibilità di SCIA per i progetti soggetti a prevenzione incendi scarsamente rilevanti dal punto di vista del pericolo che potrebbe essere mutuata per la messa in esercizio di varianti non sostanziali e migliorative nella gestione di rifiuti non pericolosi) ma mi piacerebbe iniziare da qui una discussione e un confronto da cui trarre spunti di riflessione.
Tanto per fare un esempio: questo è un estratto del diagramma di flusso che una qualsiasi pratica per una autorizzazione sulla gestione dei rifiuti deve seguire per essere presentata e istruita in Lombardia (fonte: linee guida del nuovo applicativo) e, sono raffigurati solo i processi “madre” senza considerare i vari endoprocedimenti che ciascun Ente coinvolto deve mettere in atto per giungere a produrre il proprio tassello che comporrà il puzzle.
In questi giorni il Governo ha trasmesso all’Europa il PNRR dove, nella missione 2 inerente la Rivoluzione Verde e la Transizione Ecologica, si legge esplicitamente:
Sicuramente, la transizione ecologica non potrà avvenire in assenza di una altrettanto importante e complessa ‘transizione burocratica’, che includerà riforme fondamentali nei processi autorizzativi e nella governance per molti degli interventi delineati.
Ora, io spero che questo possa declinarsi in una vera sburocratizzazione e ottimizzazione delle procedure, anche se sono troppi anni che se ne parla senza risultati (anzi, spesso con ulteriori complicazioni) per poter essere completamente ottimista.
Voglio essere chiaro: io non voglio una deregulation, sarebbe controproducente e forse non siamo ancora culturalmente pronti, ma mi piacerebbe che si arrivasse davvero a ridurre il peso della burocrazia, anche con una collaborazione tra Stato ed operatori del settore (consulenti ed associazioni di categoria) e magari Ordini Professionali.
Concludo con la citazione di quanto detto da Raffaele Squitieri, allora presidente della Corte dei Conti, in una audizione della Commissione Parlamentare per la Semplificazione: L’eccesso di norme e di adempimenti burocratici nel nostro Paese ha consentito l’insorgere di fenomeni corruttivi ”favoriti da chi avendo parte nel procedimento è in grado di accelerare, rallentare o evitarne passaggi procedurali”. Era il marzo 2014, sono passati 7 anni e siamo ancora qui a parlarne.
Just my two cents, Matteo Introzzi